lastampa.it
Dir. Resp.
Tiratura: n.d. - Diffusione: n.d. - Lettori: 190996
Edizione del 22/08/2020
Estratto da pag. 1
Il debito “buono” di cui c’è bisogno - Ultime notizie di cronaca e news dall`Italia e dal mondo
A marzo l’epidemia aveva raggiunto gran parte dei Paesi europei. A fronte di un evento così eccezionale, Draghi aveva suggerito ai governi di spendere senza vincoli. Eventualmente di rendere a prestito le risorse necessarie. In una lettera pubblicata il 25 marzo scorso dal Financial Times, l’ex presidente della Banca centrale ...
Menu di navigazione

Mario Draghi al Meeting di Rimini

A marzo l’epidemia aveva raggiunto gran parte dei Paesi europei. A fronte di un evento così eccezionale, Draghi aveva suggerito ai governi di spendere senza vincoli.  Eventualmente di rendere a prestito le risorse necessarie. In una lettera pubblicata il 25 marzo scorso dal Financial Times, l’ex presidente della Banca centrale europea scriveva: per impedire che “la recessione si trasformi in depressione duratura bisogna far leva su un aumento significativo del debito pubblico”. Un consiglio preso alla lettera dall’Italia, così restia in passato a seguire le racomandazioni delle istituzioni europee. Il debito italiano è già aumentato di circa cento miliardi di euro grazie ai tre decreti varati nella fase più acuta della crisi. La tendenza a spendere soldi che non si hanno continuerà anche in autunno. Il governo si appresta a ottenere le risorse del Sure e a chiedere quelle del Recovery Fund, per un totale di circa centocinquanta miliardi di nuovo debito.

Per il Conte due il debito sembra essere diventato la panacea di tutti i mali, uno strumento da utilizzare non solo nella fase di emergenza ma anche in quella di ripresa: del suo impatto non si parla molto, della sua riduzione non si parla per niente. Tale impostazione deve aver indotto Draghi a chiarire meglio il suo pensiero originale. La platea del Meeting annuale di Comunione e Liberazione non poteva essere occasione migliore. E, così, mercoledì scorso a Rimini il banchiere centrale ha spiegato che esistono due tipi di debito: quello buono e quello cattivo. Il primo ha un impatto sulla crescita perché finanzia spesa produttiva come quella per le infrastrutture, gli investimenti in capitale umano o la ricerca. Il secondo, che serve a coprire spesa corrente, non ha - invece - alcun impatto sullo sviluppo economico. Il debito “cattivo” va, quindi, evitato perché “non è sostenibile”, anche in una fase - come questa - in cui la Banca centrale europea compra parte dei titoli emessi dagli Stati dell’euro. E, in particolare compra molti titoli italiani.

“I bassi tassi di interesse non sono di per sé una garanzia di sostenibilità” ha spiegato. La distinzione fornita da Draghi è piaciuta al governo. Del resto, almeno a parole, tutte le forze di maggioranza concordano nell’investire dove vi è un alto effetto moltiplicatore. Alcuni ministri hanno, persino, promesso di destinare le risorse del Recovery Fund solo dove vi è un moltiplicatore superiore a uno, ossia in settori (quali sarebbero?) in cui l’impatto sulla crescita è maggiore della spesa stessa. Tali annunci non sono affatto nuovi. Basti pensare che uno dei punti fermi del programma del Movimento 5 Stelle dell’ultima campagna elettorale era quello di attivare investimenti a “alto moltiplicatore occupazionale”. Una volta al governo, però, le scelte sono state altre.

Il Conte 1 ha varato misure come Quota 100 e Reddito di cittadinanza e ha mantenuto gli 80 euro di Renzi. Il Conte 2 le ha confermate e - nel caso degli 80 euro -, le ha persino rafforzate. Il costo complessivo ammonta a circa 20 miliardi di euro l’anno. Queste risorse rientrano a pieno titolo nella categoria di debito “cattivo” visto che i dati rilevano che l’impatto sulla crescita e sull’occupazione è stato pressoché nullo. Nella stessa categoria andrebbe messa anche gran parte dei cento miliardi recentemente stanziati: il debito utilizzato per i bonus biciclette e monopattini o per l’acquisto dei banchi con le ruote difficilmente potrebbe essere considerato “buono”.

A conti fatti, il debito “cattivo” rappresenta una fetta maggioritaria dello stock esistente. C’è, allora, da chiedersi cosa fare con questo debito: aumentarlo ulteriormente significherebbe metterne seriamente a rischio la sostenibilità, ridurlo significherebbe eliminare le misure sopra elencate. Una possibilità potrebbe essere quella di tenerlo costante, almeno in questa fase. Per fare ciò, il governo dovrebbe trovare nuove risorse volte a coprire i provvedimenti fino a oggi finanzi
ati con debito “cattivo”. Le opzioni sono due: alzare le tasse o tagliare altre spese. In un’intervista rilasciata il 23 febbraio del 2012 al Wall Street Journal, Mario Draghi aveva spiegato che la seconda scelta è quella da preferire. L’evidenza empirica dimostra, infatti, che un taglio alle spese improduttive ha un impatto recessivo minore rispetto ad un incremento della pressione fiscale. Anche in quel caso, il banchiere centrale aveva identificato due categorie: “l’austerità buona” che previlegia una diminuzione della spesa e “l’austerità cattiva” che si concentra su un inasprimento della tassazione.

Le situazioni cambiano e, come ha detto Draghi a Rimini citando l’economista John Maynard Keynes, “when facts change, I change my mind”. Pertanto, meglio non parlare di austerità in piena pandemia. Ma se l’unico debito che il banchiere suggerisce di fare è quello “buono”, per quello “cattivo” bisognerà trovare una soluzione: arrestarne almeno la corsa dovrebbe costituire un obiettivo minimo, salutare. Ciò richiede delle scelte precise. Si dovrà selezionare quali sussidi rifinanziare e quali tagliare. Fino a oggi i nuovi bonus sono stati aggiunti a quelli vecchi, senza distinguere l’aiuto necessario dalla provvidenza superflua, con il risultato di accrescere il debito “cattivo”. Se dovesse prevalere questo metodo, sarebbe opportuno che Draghi - per la seconda volta – spiegasse in modo più diretto le conseguenze che molti non colgono del contrarre senza sosta debito di scarsa qualità. E, togliere al governo il comodo alibi di giustificare ogni debito come “buono e necessario”, rimandando in eterno il taglio delle spese improduttive. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Codice Fiscale 06598550587

P.iva 01578251009