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Edizione del 21/08/2020
Estratto da pag. 1
di Manuel Spadazzi
Le vie del Signore sono infinite. E passano (anche) per le canzoni di Francesco Guccini. Lo dicevano già don Giussani e don Juliàn Carron. E anche per il cardinale Matteo Zuppi – che si professa "un gucciniano convinto" – in fondo "l’amore di cui canta Guccini non è solo l’amore tra due persone. È un amore più universale".
Si doveva discutere di musica, in realtà, e di come i cantanti italiani hanno reagito al lockdown. Ma poi, durante ‘Una stagione da ricordare‘ – il talk show organizzato mercoledì dal Meeting, con ospiti Brunori Sas, Malika Ayane, il direttore di QN e Resto del Carlino Michele Brambilla e l’arcivescovo Zuppi – è stato praticamente inevitabile finire per parlare di Guccini.
Brunori Sas e Malika hanno prestato la loro voce a due grandi successi gucciniani, reinterpretati per l’album ‘Note di viaggio volume 1’. Per loro è stata un’impresa, ma anche un’emozione. Perché sono cresciuti a pane e Guccini. Proprio come Zuppi e Brambilla.
"Il mio inizio con Guccini? È stato con la canzone Dio è morto. Poi è arrivato il disco Radici, ed è stata quasi un’illuminazione. Perché in un tempo in cui tutti noi vivevamo l’oggi, il presente, Guccini ci aiutava a capire che il mondo non era nato con noi, che dovevamo riscoprire le nostre origini".
Da allora, Zuppi è stato un ascoltatore attento e affezionato del cantautore. Che Brambilla ha scoperto a soli nove anni: "Ascoltai la canzone Il sociale e l’antisociale e rimasi profondamente colpito da quella sua malinconia".
Nonostante non si sia mai professato credente, Guccini con i suoi brani ha indagato come pochi altri cantautori l’animo umano e la spiritualità. Basti pensare, come ha ricordato Massimo Bernardini (che ha condotto il talkshow dell’altra sera) alle riflessioni del 1978 di don Luigi Giussani, il fondatore di Cl, sui versi del brano Vorrei: "Io non sono quando non ci sei".
"Giussani aveva ragione – dice Zuppi –: Guccini ha espresso attraverso la sua musica la ‘domanda’, il desiderio di capire. E ha cantato l’attenzione per l’altro, per il ‘tu’ che entra nelle nostre vite e dà senso alla nostra esistenza. E in fondo, che cosa c’è di più umano dell’amore per Dio?".
Proprio nel 1978, tra l’altro, Guccini scriveva Eskimo. "In quel brano c’è tutta la delusione, la nostalgia per la perdita della speranza – osserva Brambilla – ma anche la consapevolezza che senza la speranza non possiamo vivere. Guccini, pur non dichiarandosi mai credente, ha sempre conservato un senso del religioso".
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